Titolo: In a tidal wave of mystery (you’ll still be standing next to me)
Autore: dio_niso
Fandom: Batman: TDKR
Personaggi: John Blake, Barsard, Dr. Crane, Bane
Paring: Bane/Blake
Avvertimenti: what if?, au , w.i.p., wings, furry, dark, violenza, morte di un personaggio (non principale), ehm... rapimento (?) o salvataggio (dipende dal punto di vista :P)
Rating: SAFE
Word: 2184 fiumidiparole
Prompt: Tenebre per il prompt speciale Occultism per la #2 settimana (a cui non partecipa); Tentativo per il prompt speciale Genetics della #3 settimana del Gentics Fest su fanfic_italia
Disclaimer: Batman e i suoi personaggi non mi appartengono e con questi scritti non ci guadagno nulla.
Note: capitolo di passaggio. Finalmente arriva anche Bane C:
Il numero della cella di John, 19-40, è in realtà l'anno 1940 in cui fu creato il personaggio di Robin nei fumetti di Batman XD
Barsard in questo capitolo si riferisce a John come a little brother per il semplice motivo che la versione italiana non mi piace :P
Ringrazio Eiriin e sunrise.nina per aver betato il capitolo in tempi record!
Cap 1 | Cap 2
3. Find a new brother
«Cos'ha di tanto speciale?»
Vorrebbe poter rispondere: “Non ha nulla di speciale”, ma mentirebbe. Bane lo sta guardando con curiosità e Barsard sa bene che non è facile incuriosire suo fratello, sempre di natura molto schivo e riservato.
Non riuscirà a sfuggire quella domanda, non quando l'altro lo sta fissando con quello sguardo.
«È diverso.» dice allora, non riuscendo però ad aggiungere altro. Ha sempre odiato dover spiegare a parole le sue emozioni.
«Abbiamo incontrato molte persone diverse Barsard, ma non ti ho mai visto chiedere piaceri per loro.» afferma l'altro, studiandolo.
Barsard ondeggia sui suoi piedi, distoglie lo sguardo e lo posa sulla finestra della stanza. Questo non è il suo solito comportamento, lui non si lascia mai influenzare dalle azioni degli altri. In John, però, c'è qualcosa di diverso, di speciale. Neanche lui sa con certezza cosa, ma non vuole che resti rinchiuso in quella prigione fino a quando non troverà davvero la forza per farla finita.
L'altro uomo resta immobile, continuando a guardarlo. È chiaro che sa che c'è qualcosa di particolare nel detective, qualcosa che fa emergere un istinto protettivo nel suo amico.
Seduto dietro la scrivania con un libro fra le mani, attende che il più giovane si spieghi.
Barsard sospira profondamente cercando di schiarirsi le idee e trovare le parole adatte con cui spiegare il motivo per cui è necessario portare via l'uomo dall'ospedale di Crane.
«Cos'ha nostra sorella che ti spinge a proteggerla, a seguirla ovunque?» inizia, ma un grugnito indignato lo ferma.
«Non osare paragonarlo a lei. Scegli con più attenzione le prossime parole, fratello, o ne pagherai le conseguenze.»
I suoi occhi sono mortalmente seri e gelidi e Barsard, che lo conosce bene, sa meglio che mettere in dubbio la sua parola.
Allora fissa il suo sguardo in quegli occhi chiari e dice: «È puro.» con tutta l'emozione che riesce a trasmettere, sperando che sia sufficiente.
Sembra raggiungere il suo scopo perché vede l'altro sgranare gli occhi comprendendo, forse, più di quanto lui stesso abbia fatto.
«Capisco.» dice, poi volta la testa verso la scrivania poggiandovi il libro con molta attenzione. I suoi movimenti sono lenti, quasi doloranti, quando non ci sono i suoi uomini intorno. Tutto il dolore e la sofferenza che ha passato sono palesi agli occhi di chi sa guardare.
«Nostra sorella ha dato un ordine.» afferma come un dato di fatto, un qualcosa di irreversibile. E lo è, ma lui sa bene che solo la parola di Bane ha valore per gli uomini lì fuori, per gli uomini senza onore che temono la morte. Se Bane ordinerà il rilascio di John, allora Barsard potrà portarlo via indisturbato e aiutarlo a riprendersi. Non lo lascerà solo, non dopo tutto quello che ha passato.
«Ed è per questo che io sono qui da te, fratello.» asserisce, con voce forte e determinata.
«Chiedo a te di aiutarmi a salvare mio fratello. A salvarlo dall'oscurità e dagli esperimenti che lo stanno portando alla pazzia. Tu più di tutti dovresti comprendere la sua disperazione.» dice, camminando verso la scrivania e fermandosi solo a pochi passi da essa.
«Fratello?» chiede l'altro, curioso e sorpreso, alzando di poco lo sguardo per incontrare il suo.
«A little brother, sì.» conferma allora, senza distogliere lo sguardo e cercando di esprimere con esso la verità delle sue parole.
«È così speciale?» chiede ancora Bane, non riuscendo del tutto a credere a ciò che gli viene detto. Barsard annuisce secco confermando nuovamente l'affermazione di poco prima.
«Ha un carattere molto forte ed un cuore pieno di buone intenzioni. Ciò che Crane gli sta facendo lo sta uccidendo lentamente, portandolo alla follia.» conclude. Se Bane non accetterà le sue parole, allora sarà lui stesso ad uccidere John.
Non lo lascerà in quel luogo un giorno di più.
«Dove hai detto che si trova questo ospedale?»
- - -
A svegliarlo è una fitta di dolore che gli attraversa il corpo partendo dalla schiena.
John non ha la forza di aprire gli occhi e inconsciamente trattiene il respiro fino a quando il dolore non si calma un po'.
Quando sbircia fra le palpebre per vedere cos'è successo c'è talmente tanto buio nella stanza che non è neppure sicuro di essersi svegliato, in realtà. Potrebbe essere un altro dei suoi incubi, uno dei tanti che hanno preso a tormentarlo dalla notte in cui è stato rapito.
Il silenzio è così irreale e opprimente che si sente inghiottire dal panico e dal terrore.
È steso a pancia in giù su quello che sembra un letto, ma non è lo stesso della sua cella. È più duro, più piccolo e le lenzuola puzzano di medicina.
Il dolore non lo abbandona neppure per un attimo, le ferite gli bruciano costantemente e quando tenta di muovere la testa, tira i muscoli del collo e delle spalle e uno strappo improvviso gli procura un dolore terribile. Il respiro gli si blocca in gola insieme ad un urlo.
Fa male, fa male da morire.
Gli occhi gli si chiudono e John cade di nuovo nell'incoscienza.
- - -
I passi pesanti di Bane risuonano nei corridoi a malapena illuminati del vecchio ospedale. Gli uomini di guardia gli lanciano occhiate spaventate, altri lo salutano in forma di rispetto. Nessuno osa intralciare il suo cammino.
Barsard gli ha raccontato qualcosa di questo luogo quando Talia gli ha affidato il compito di proteggere Crane e i suoi esperimenti.
Non ha mai detto molto e spesso ha evitato di rispondere, eppure lo sguardo che gli ha dato la notte prima gli ha raccontato più di quanto avrebbero potuto mille parole.
Qualsiasi cosa Bane troverà in questo posto, non sarà affatto piacevole.
Cammina lento, facendo attenzione a svoltare per i corridoi giusti. Barsard gli ha spiegato dettagliatamente la strada da percorrere per raggiungere il detective dopo che, riluttante, ha accettato di lasciarlo andare a recuperare l'uomo.
Vuole valutare di persona gli esperimenti di Jonathan Crane e cosa Talia ha permesso che accadesse. Vuole capire se la sta perdendo davvero, come suo fratello afferma.
Più scende ai piani inferiori più inizia a sentire rumori. Grida di persone prigioniere dietro porte di metallo.
Per un attimo gli sembra di esser tornato indietro, nella Fossa, quando si udivano urla improvvise nel cuore della notte e un amico moriva per un po' di cibo.
Mette da parte quei ricordi mentre si avvicina al corridoio in cui è tenuto John. Le luci qui sono più fioche che al piano superiore e danno al luogo un aspetto più minaccioso.
Quel luogo non ha nulla della Fossa, ma Bane ha la sensazione che tutto ciò sia fatto di proposito, per spaventare i prigionieri.
La cella 19-40 è la penultima del corridoio sulla destra. Da quella parte non proviene quasi nessun rumore e per un attimo Bane pensa che Barsard gli abbia dato il numero sbagliato.
Quando vi è di fronte sbircia all'interno dalla grata di ferro sulla porta e nota, nell'oscurità della stanza, una figura stesa sul lettino.
Estrae la chiave dalla tasca del giubbotto militare ed apre la serratura della porta.
Solo allora si rende conto che alcuni uomini armati l'hanno seguito fin lì e se ne stanno dall'altro lato del corridoio, senza parlare. Lo fissano come se fossero pronti a reagire nel caso facesse qualcosa che non deve.
Si volta completamente e fa qualche passo nella loro direzione, prima che uno di loro parli.
«A nessuno è permesso visitare i prigionieri.» dice uno, poggiato con il corpo verso il muro alla sua sinistra.
Bane odia le persone che si credono superiori a lui e che si comportano come tali.
«Io non sono “nessuno”, però.»
Il raspare metallico della sua voce, filtrata attraverso la maschera, ne spaventa un paio che indietreggiano veloci non appena si rendono conto che Bane sta avanzando verso di loro.
«Abbiamo... abbiamo ordini precisi, signore.» dice uno di questi con voce tremante, mentre cerca di non istigare la rabbia di Bane.
Sanno che Bane ha ucciso per molto meno e loro non hanno fatto nulla se non eseguire degli ordini.
«Il Dottor Crane non vuole che qualcuno si avvicini ai suoi pazienti. Ha dato regole molto precise al riguardo, signore.» continua un altro nella speranza di riuscire a dissuaderlo.
«Come ho già detto, io non sono nessuno.» dice, per poi fermarsi proprio di fronte al primo degli uomini che ha parlato.
«Non possono essere fatte eccezioni!» esclama, borioso ed arrogante, stringendo fra le mani il fucile carico.
Bane non gli dà il tempo di puntarglielo contro che gli afferra la gola. La stringe fino a quando non sente la trachea cedere sotto la pressione della mano e l'uomo perdere le forze nelle gambe.
Quando lo lascia andare, è solo un ammasso di membra scomposte sul pavimento.
Nessun altro si permette di aprir bocca. Tuttilo guardano terrorizzati.
Bane torna nella cella ed accende la luce.
- - -
Ci sono delle voci poco lontane da lui che lo destano dal sonno agitato in cui è caduto.
Come apre gli occhi il dolore lo investe nuovamente e John vorrebbe tornare a dormire solo per non provarne più.
Cerca di muoversi ma riesce solo ad allungare un braccio contro il suo corpo. La schiena gli pulsa e la sente andare a fuoco.
Afferra con la mano il lenzuolo del letto e lo serra in una presa d'acciaio per darsi forza, ma quando i muscoli del braccio si irrigidiscono inviano un'altra scarica di dolore alla schiena ed egli si ritrova a stringere i denti per non urlare.
Rilassa di nuovo tutti i muscoli e si riposa. La stanza è ancora inghiottita nel buio e non riesce a distinguere neppure la sagoma del muro. Davanti a lui c'è solo un vasto spazio nero.
Il panico lo assale di nuovo. Non sa dove si trova o cosa sia successo ed il dolore costante che batte anche nella testa lo sta facendo impazzire. Vorrebbe urlare fino a quando le sue corde vocali si consumano.
L'improvviso gemito strozzato che viene da lontano, riesce a distrarlo dai suoi pensieri.
Presta orecchio a qualsiasi altro rumore ma il silenzio sembra esser tornato, come un mantello, a ricoprire tutto. Il suono pesante di passi che si avvicinano l'allerta subito e non riesce a reprimere un brivido di paura.
“Questi non sono i passi di Barsard” pensa, “Quando Adam è stato portato via non ha più fatto ritorno” ricorda.
“Mi uccideranno” si dice. Si stupisce di provare paura e non gioia a quel pensiero.
“Forse è Crane che vuole continuare i suoi esperimenti. Forse mi riattaccherà le ali”.
I pensieri si susseguono uno dietro l'altro, proponendo uno scenario sempre peggiore del precedente.
Per quando i passi dell'uomo si fermano, John ha già deciso che la morte sarebbe una benedizione in confronto a ciò che gli faranno.
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Quando Bane accende la luce nella stanza, la figura sul letto prende contorni precisi.
Ha delle bende sporche di sangue avvolte intorno alla schiena e alle mani. I capelli scuri sparsi sul cuscino creano un contrasto con il colorito pallido della pelle.
Un gemito di dolore fuoriesce dalle labbra del uomo ferito che batte frenetico le palpebre come infastidito dalla luce. Solo allora Bane si rende conto è sveglio.
Il corpo fragile è scosso da tremiti di dolore e paura, e Bane non sa come rivolgersi a lui senza spaventarlo ulteriormente.
«John» alla fine si convince e inizia a parlare, ma la voce metallica riesce comunque a distorcere le parole, le quali diventano un suono indistinto e contorto.
Il corpo davanti a lui sobbalza violentemente ed un gemito sofferente seguito da un'imprecazione sono tutto ciò che ottiene come risposta.
Quando si sporge in avanti per aiutarlo, John schizza di lato contro il muro, urlando quando i punti sulla schiena si rompono e le ferite si riaprono.
Quando Bane lo raggiunge, John è già svenuto.
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Quando si sveglia, il dolore sembra essere scomparso anche se i muscoli della schiena sono intorpiditi e rigidi.
Per un attimo gli sembra di aver sognato tutto. Niente rapimento, esperimenti e ali.
Solo un orribile sogno da dimenticare.
Quando volta la testa dall'altro lato del cuscino, la luce del giorno lo colpisce in pieno. Apre gli occhi controvoglia e si ritrova ad ammirare la città di Gotham.
Sta nevicando all'esterno e solo il pensiero dell'inverno gli fa venire freddo. Si stringe maggiormente sotto le coperte e preme il viso contro il cuscino.
Un forte odore di medicinale lo riporta bruscamente alla realtà.
Apre di scatto gli occhi e si guarda per la prima volta intorno.
La stanza in cui si trova non ha nulla a che vedere con la piccola cella in cui è stato richiuso per molti mesi, né con il suo appartamento in periferia.
È una stanza larga e spaziosa e la luce che entra dalla finestra la illumina tutta.
Si alza lentamente a sedere. Anche se il dolore alla schiena è diminuito drasticamente, fa ancora male quando tira i muscoli delle braccia o della schiena stessa.
Il letto in cui giace è molto grande, più grande di qualsiasi letto in cui abbia mai dormito. Di fronte ad esso c'è una scrivania di legno colma di libri e fogli sparsi.
Un armadio è posizionato alla sua destra, proprio accanto ad una porta. È semiaperta e John riesce ad intravedere un lavello, per cui è probabile che sia un bagno.
Voltando lentamente la testa dall'altro lato, vede un'altra porta accanto alla scrivania.
Vorrebbe avere la forza di alzarsi ed andare a controllare cosa c'è dietro di essa, ma la stanchezza lo sopraffà nuovamente, per cui poggia la testa sul cuscino riaddormentandosi subito.